Candelora: Presentazione di Gesù al tempio e la giornata mondiale della vita consacrata 2024
- Christiana Fraternitas
- 3 feb 2024
- Tempo di lettura: 7 min
"La processione dei ceri, con cui abbiamo iniziato questa celebrazione, allora, ci dice che solo accogliendo Gesù nella nostra vita, come una sposa accoglie il suo sposo dentro di lei e diviene un tutt’uno con lui, solo così noi risorgeremo come oggi inizia a fare la natura e ci apriremo alla nuova vita senza fine. Amen". Sono le parole conclusive dell'omelia dell'Abate dom Antonio Perrella in occasione della festa della Candelora 2024.

Mercoledì 2 febbraio 2024 alle ore 20:00, presso la Cappella Santi Benedetto e Scolastica della Casa Apostolica si è svolta la Celebrazione Capitolare Ecumenica della Parola per in occasione della festa della "Presentazione di Gesù al tempio" ai più conosciuta come la "Candelora". Della preghiera è stata trasmessa in diretta Facebook solo l'omelia dell'Abate per raggiungere con la predicazione quanti desideravano ricevere un nutrimento spirituale. La liturgia ha previsto il tradizionale lucernario e i fedeli hanno avuto in dono una o più candele da portare con se.
Omelia del Reverendissimo Abate dom Antonio Perrella
in occasione della Celebrazione della Parola
per la festa della "Presentazione di Gesù al tempio"
e la giornata mondiale della vita consacrata 2024
Testo di riferimento Lc 2, 22-40
Carissimi,
la Parola che abbiamo ascoltato ci racconta di quello che potremmo definire l’esordio di Gesù nel Tempio, ovvero nel luogo dove per antonomasia gli ebrei facevano esperienza di Javhé e nel nome di Dio stringevano legami tra loro e accrescevano la loro identità etnica. Il bambin Gesù entra nel tempio per la prima volta perché i genitori avevano dei doveri cultuali in ragione della purificazione della madre che lo aveva partorito e della primogenitura. Infatti i primogeniti maschi venivano offerti al Signore oppure le famiglie avrebbero dovuto riscattarli versando una somma di denaro nelle casse del tempio.
Nella pericope ascoltata c’è una parola che spesso è ritornata… a dire il vero troppe volte. In tutto l’evangelo di Luca la parola nomos, legge, ricorre nove volte ma in questi soli diciotto versetti ricorre ben cinque volte: Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè; Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore; per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore; mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la legge prescriveva a suo riguardo Simeone venne mosso dallo Spirito; Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno.
Cinque sono le ricorrenze di questa parola come cinque è il numero che indica la Torah ovvero i cinque libri della Scrittura che costituiscono la legge di Israele, sono i nostri primi cinque libri della Bibbia: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio. Forse, prima di dare tutto per scontato è bene che però ci intendiamo su cosa – in questo contesto - la parola “legge” significava per il popolo ebraico. Per Israele la legge, la Torah, era l’insegnamento, la strada, la pedagogia con la quale Dio inoltrava l’uomo sul sentiero della vita in pienezza. Non era la semplice nomos greca, la norma meramente disciplinare così come l’annota Luca, che ricordiamo essere di cultura greca e non giudaica.
Non so se condividete la sensazione ma è un testo, questo di luca, che ci appesantisce con la ricorrenza di questo termine, intuiamo cioè che nonostante la famiglia di Nazareth, espressione anche di tutte le altre famiglie di Israele, camminasse secondo la legge di Mosè, questo non fosse poi -di per sé- sufficiente perché Dio potesse fare veramente la sua irruzione nella vita delle persone. È pesante come buia la scena di questo dovere da parte di Maria e Giuseppe nei confronti della religione.
Nel mezzo del racconto, del buio della scena, entrano Simeone ed Anna descritti come sagge persone che attendevano l’avvento del Messia con la giusta disposizione, ovvero aperti alla novità dello Spirito che talvolta supera la legge… Infatti mosso dallo Spirito, Simeone irrompe nel rituale previsto dalla legge e prende tra le sue braccia il bambino sciogliendo la sua lingua in un inno con il quale riconosce in Gesù la salvezza.
Il saggio Simeone dice che Gesù è salvezza per le nazioni, non solo per la nazione santa d’Israele, il popolo eletto ma per tutte le genti! Una vera bestemmia cantata nel Tempio di Gerusalemme. Ma non si ferma qui, dice che questa salvezza si manifesta come luce per rivelare alle genti Dio e la sua gloria.
Attendere e cercare Dio significa questo essere capaci di esporsi alla sua luce, venire fuori dalle tenebre di tutto ciò che veramente opprime e soggioga la vita, come una tradizione morta, come una legge senza vita. È ciò che ha saputo fare Simeone e che Anna ha riconosciuto e testimoniato.
La festa della presentazione di Gesù al tempio è caratterizzata da questo binomio che parla all’uomo fin dalla sua conoscenza di Dio: le tenebre e la luce. Nell’atto di creare Dio per prima cosa separa le tenebre dalla luce (Gen 1,3), nell’antico testamento la luce che venisse dal cielo o dal fuoco è manifestazione di Dio cosi come nel nuovo testamento l’astro che accompagna i magi (Mt 2,2), la notte luminosa dei pastori, la luce del Cristo bambino che irrompe nel buio della legge del tempio di Gerusalemme.
Come sappiamo, dopo l’editto di Milano, la fede cristiana iniziava a diffondersi ed affermarsi in tutto l’Impero romano. Roma da pagana divenne cristiana. Le sue antiche feste cedevano il passo alle feste del nuovo culto: alcune erano soppiantate, altre cancellate, altre ancora trasformate. Di alcune di queste feste pagane, tuttavia, è rimasto un qualche elemento che ce le ricorda.
La celebrazione della festa odierna, della candelora, inizia con la benedizione delle candele e la processione con le candele accese. Ovviamente il significato cristologico è evidente: è Gesù – per sua stessa dichiarazione – ad essere la luce del mondo (Gv 8,12).
Vogliamo tuttavia domandarci: questo rito delle candele è originariamente cristiano o è stato una reinterpretazione di un rito pre-esistente? E, se fosse vera la seconda ipotesi, rimane un qualche residuo di significato di quel rito pagano che può aiutarci a comprendere il rito cristiano? Questa seconda domanda potrebbe scandalizzare qualcuno che esclamerebbe: il cristianesimo non ha niente da imparare da alcuno!
Invece, occorre fare una riflessione diversa e più intelligente. Nel IV secolo – con la libertà e l’affermazione delle chiese cristiane – ci si trova dinanzi alla necessità di inculturare la fede cristiana e le sue forme cultuali. Serve a purificare la cultura romana dalle scorie pagane; ma serve anche e, soprattutto direi, alla fede cristiana per riuscire a parlare alle persone di quella epoca e di quella cultura. Anche quando la Chiesa cristiana ha sostituito una festa pagana, comunque ha cercato di farlo con intelligenza, ovvero inglobando i significati positivi delle feste precedenti. L’inculturazione della fede è un rapporto osmotico: la fede dà alla cultura locale, ma anche prende dalla cultura locale.
Il simbolismo della luce lo abbiamo accennato: è Gesù la luce del mondo! Dinanzi a Lui e alla salvezza da lui portata neppure la Legge, la Torah, ha più significato.
Tuttavia, quando la Chiesa cristiana a Roma stabilì che il 2 febbraio doveva celebrarsi la presentazione di Gesù al tempio con la processione delle candele, aveva probabilmnte anche un’altra intenzione…
Il 2 febbraio si celebrava Giunone Februata, Giunone di febbraio. Infatti il nome febbraio deriva dal verbo februare, cioè purificare. In quel tempo la febbre era ritenuta una purificazione dalle malattie.
In febbraio esistevano due processioni con le candele in ambito pagano: il 2 febbraio la processione notturna delle donne, per le strade della città, ad indicare che le febbri invernali stavano passando e che la città si stava purificando per aprirsi alla nuova stagione primaverile. Il 14 febbraio invece la processione con le candele era fatta dagli uomini che seguivano le donne, invocandone la fertilità.
Questi 13 giorni erano ritenuti il tempo necessario alla natura per svegliarsi dal sonno invernale e riprendere il vigore per la fertilità della nuova vita.
La processione delle donne – il 2 febbraio – era in onore della dea Giunone; quella maschile del 14 era in onore del dio Lupèrcus (poi confuso con il dio Fauno Lupàrcus, che dette origine a delle feste orgiastiche chiamate Lupercàlia, contro cui si scaglierà papa Leone Magno). La festa di san Valentino infatti, fissata al 14 febbraio, era il modo cristiano per richiamare la festa dell’amore rispetto a quella voluttuosa delle lupercàlia.
Al di là di questo, però, rimane che il segno delle candele era un segno non di purificazione e basta, ma di purificazione per accogliere la vita nuova. Le candele salutavano la forza della vita che stava risorgendo ed esaltavano la fertilità della natura. Questo segno delle candele univa due feste: una della dea femminile e l’altra del dio maschile. Si celebrava, così, un significato sponsale, nuziale.
Non a caso i cristiani orientali chiamano la festa odierna con il nome di Hypapantì, festa dell’incontro: è l’incontro sponsale della umanità e della divinità. L’umanità di Cristo è accolta nel tempio (divinità) e vi è riconosciuta come carne di salvezza. Il cantico di Simeone e le lodi di Anna sono l’imeneo, il cantico nuziale, che accompagna questo sposalizio tra Dio e l’umanità che sarà compiuto sulla croce!
Notate come sono costruiti i vangeli, con una grande intelligenza. Alla presentazione al tempio il Figlio di Dio vi entra e la sua divinità viene riconosciuta, ma in qualche modo anche velata nella sua umanità. Quando il corpo di quel bimbo sarà appeso alla croce e tutto sarà compiuto, il velo del tempio si squarcerà in due (Mt 27,51; Mc 15,38; Lc 23, 45)! Il velo, l’imeneo del Tempio. È come una donna che si apre ed è capace di generare la vita: il velo di quel tempio squarciato farà germogliare nel mondo in modo definitivo la fecondità della vita eterna!
Cari amici, sarebbe ingenuo pensare che i nostri fratelli cristiani dell’antica Roma non avessero pensato a tutti questi significati o non li avessero nella loro mente. La simbologia nuziale, e persino sessuale, di questi simboli (come di altri nella liturgia cristiana) ci mostra che davvero la carne umana – assunta dal Figlio di Dio – è stata tutta santificata e lo è in tutte le sue espressioni e potenzialità.
La processione dei ceri, con cui abbiamo iniziato questa celebrazione, allora, ci dice che solo accogliendo Gesù nella nostra vita, come una sposa accoglie il suo sposo dentro di lei e diviene un tutt’uno con lui, solo così noi risorgeremo come oggi inizia a fare la natura e ci apriremo alla nuova vita senza fine. Amen.
dom Tonino +
Qui sotto il video dell'omelia Celebrazione

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