Domenica "in Palmis" alla Christiana Fraternitas.
- Christiana Fraternitas
- 24 mar 2024
- Tempo di lettura: 7 min
"Il racconto della Passione ci ha lasciato intuire che questa passione – nella quale si manifesta la pro-essenza del Figlio di Dio e nella quale si realizza la pro-esistenza del Figlio incarnato – è globale: riguarda tutta la persona di Gesù e la riguarda come scelta liberamente assunta". Alcune parole dell'omelia dell'Abate dom Tonino per la Celebrazione Capitolare Ecumenica della Parola nella vigilia della domenica delle palme.
Anche alla Christiana Fraternitas, sabato 23 marzo 2024 alle ore 19.00, presso la Cappella "Santi Benedetto e Scolastica" si è dato inizio alla Grande Settimana con la Celebrazione Capitolare Ecumenica della Parola e la commemorazione della Cena del Signore moderata dal nostro Abate Antonio Perrella. Non è mancato il segno dei rami d'olivo con la piccola processione.

Qui sotto il testo integrale dell'omelia del nostro
Reverendissimo Padre Abate dom Antonio Perrella
Carissimi fratelli e sorelle, cari Amici ed Amiche,
entriamo questa sera nella Settimana Santa, che viene chiamata anche Settimana Maggiore. È maggiore perché sommo è il mistero che in essa celebriamo; è maggiore perché risplende sopra tutte le settimane per la grazia che riceviamo; è maggiore perché da essa possiamo uscire accresciuti nella somiglianza a Cristo e alla sua vita.
La benedizione dei rami di palme e la processione verso il luogo della celebrazione giungono a noi sin dal IV secolo dalla chiesa di Gerusalemme. Già la pellegrina Eteria o Egeria nel diario del suo viaggio descrive questo raduno ecclesiale con grande enfasi e stupore.
Da sempre si è guardato alla celebrazione odierna come all’apertura della settimana di passione. Ma cosa intendiamo – forse un po’ inconsciamente – con queste parole: settimana di passione? Subito pensiamo al martirio fisico a cui è stato sottoposto il nostro Redentore. Nelle semplificazioni mentali (e forse neppure espresse) con cui il debole pensiero comune – così poco incline alla riflessione – si immagina la passione di Cristo, immediatamente si visualizzano davanti agli occhi le piaghe, le ferite, la corona di spina, le fruste…
Ben poco o quasi nulla si dice della passione vissuta dalla persona di Gesù, dalla integrità e totalità della sua persona.
A me sembra che la domenica delle palme, con i suoi gesti simbolici ed i suoi testi, ci porti invece in tutt’altra direzione.
Nel vangelo della commemorazione dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme abbiamo visto il Signore padrone degli eventi: egli sa quello che sta per accadere, lo ha scelto, lo vuole come senso della propria esistenza. Il fatto che egli invii due dei suoi discepoli a preparare tutto ci mostra che gli accadimenti dei giorni successivi non piombano sulla vita di Gesù come il nefasto risultato di una sfortunata concatenazione di fatti, ma che sia Gesù stesso ad andare incontro a quegli eventi che stanno lì davanti a Lui. Luca lo dirà con parole efficaci: dinanzi alla città di Gerusalemme, Gesù indurì il suo volto, prese, cioè, la ferma e risoluta decisione di andare incontro al suo destino, che coincideva poi con la volontà del Padre su di lui.
Questa ferma determinazione di andare a soffrire è il riflesso storico dell’intima natura divina del Figlio di Dio, così come viene cantata nell’inno cristologico della seconda lettura: Pur essendo di natura divina non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso. Si abbassò fino alla morte e alla morte di croce. Questo inno (più probabilmente citato che composto da Paolo) ci mostra che la passione del Signore in qualche modo inizia nel seno della Trinità. Inizia nel disegno eterno di Dio e comunque ben prima che cominci a scriversi nella storia umana. Sta nell’intima natura divina del Figlio, sta – cioè – nel modo proprio con cui la persona del Figlio manifesta e realizza la sua divinità la predisposizione allo spogliamento, alla kenosi. Il Figlio è tale perché definisce se stesso nella relazione con il Padre. La sua identità più intima e profonda sta nella sua relazionalità con il Padre e con le relazionalità proprie del Padre, che è anche il Creatore. Il Figlio, quindi, è tale perché generato dal Padre, ma anche perché sempre aperto alla relazione con il Padre e attraverso di Lui alle altre relazioni che il Padre ha con tutte le sue creature. La persona divina del Figlio manifesta e la realizza il modo proprio della natura divina nella sua pro-essenza, che poi si manifesterà nella sua pro-esistenza.
Questi termini hanno bisogno di essere spiegati. In Gesù coesistono la natura divina e la natura umana. Se le nature sono due (divina e umana), la persona è tuttavia una sola: soltanto quella divina, perché la persona umana non aggiungerebbe nulla alla identità divina di Gesù. Nella sua unità personale divina sono tenute assieme le due nature. Questo fa sì che la natura umana sia il riflesso perfetto della natura divina. L’umanità di Gesù è il riflesso e la porta di accesso alla sua divinità; ma la divinità detta la logica della vita umana, su cui essa stessa si riflette.
Ora, nella sua intima essenza divina il Figlio è – come abbiamo detto – in relazione con il Padre e, con Lui, in relazione con le sue creature: la sua essenza divina, quindi, può essere definita pro-essenza. È l’essenza di una natura che si fa dono, in qualche modo si rende relativa e non assoluta, realizza perfettamente se stessa nel donarsi. L’umanità, che viene plasmata dalla essenza divina, non può che vivere secondo questa logica ed è quindi pro-esistenza. Come la pro-essenza divina del Figlio lo fa essere in stato di dono, così la pro-esistenza del Figlio incarnato è un permanente stato di dono. Tuttavia, non si tratta di un dono neutro, di un dono che non costa. Il donarsi del Verbo eterno è sempre atto di spogliamento e, quindi, di passione.
Possiamo dire che la prima forma di passione che oggi celebriamo è la passione intratrinitaria della pro-essenza del Figlio che si dona spogliandosi, scendendo nella kenosi, nella negazione di se stesso per affermare la salvezza dei redenti.
Solo successivamente questa passione divina prende forma umana, come viene descritto nella prima lettura, che riportava il terzo canto del servo sofferente di Jahvè del libro di Isaia: Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi.
La passione umana del Figlio incarnato è però pluriforme. Ancora una volta, quella fisica, corporea è solo una parte, quella visibile.
Il racconto della Passione ci ha lasciato intuire che questa passione – nella quale si manifesta la pro-essenza del Figlio di Dio e nella quale si realizza la pro-esistenza del Figlio incarnato – è globale: riguarda tutta la persona di Gesù e la riguarda come scelta liberamente assunta.
È la passione della perenne incomprensione. Ce la manifesta l’episodio della donna che unge il capo di Gesù. Egli la lascia fare e la difende, ma il malumore contro la sua disponibilità ad accogliere chiunque si inasprisce. I suoi gesti, anche quelli che rivelano l’amore senza limiti del Padre, vengono sempre fraintesi. Egli vive l’avvilimento di chi parla una lingua, quella della misericordia, che non è più compresa ed è rifiutata.
C’è anche la passione di non poter gioire dei momenti belli. L’evangelista – con un tocco di genialità – accosta due scene in tinte chiaroscure e contrastanti: da un lato il gesto di amore della donna e, subito dopo, il gesto infame di Giuda che vende il suo Maestro. Anche questa impossibilità di riposare nei momenti belli della vita, Gesù, ha voluto vivere. Proprio come tutte quelle persone che non fanno a tempo a tirare un sospiro di sollievo che subito devono affrontare una nuova difficoltà.
Conoscerà la passione degli affetti e dei sentimenti, di cui è pure consapevole: predirà la fuga dei discepoli ed il rinnegamento di Pietro e sarà costretto a viverli come amara conferma della sua profezia.
Vivrà la passione dell’abbandono del Padre e quella del conflitto con la volontà di Dio. Lui, che aveva vissuto in relazione al Padre, lo avvertirà come ostile a lui e alla sua vita. E non troverà neppure conforto nella vicinanza degli amici perché ripetutamente li troverà addormentati.
Non gli sarà risparmiata la passione della dignità umana e della buona fama. Come un malfattore e brigante lo arresteranno, come tale lo giudicheranno e come tale lo condanneranno. Anzi, preferiranno un brigante a lui e ne chiederanno la liberazione. Subirà l’onta della mistificazione della realtà e la sua giustizia sarà trasformata in ingiustizia senza che lui possa realmente difendersi, perché il pregiudizio sarà sovrastante e non lascerà spazio all’intelligenza ed al dubbio.
Il suo corpo verrà dilaniato, oltraggiato. Non troverà compassione. Neppure il tributo che sempre si offre allo sconfitto perché muoia con dignità. E l’unica compagnia sarà quella di un passante, il cireneo, che probabilmente avrebbe preferito non essere messo in mezzo.
La multiforme passione di Cristo riguarderà ogni aspetto della sua essenza e della sua esistenza: intelligenza, volontà, affetti, relazioni, dignità, verità, memoria e solo infine corpo.
Ciò che stupisce in questa escalation di dolore è che egli rimane padrone di ciò che vive. Egli ha una personalità unita che lo ha portato a comprendere, volere, decidere e vivere la sua multiforme passione. Patisce nell’intelligenza e la vive; patisce nella volontà e la vive; patisce negli affetti e la vive. In lui c’è perfetta armonia, sintonia e unità di comprendere, volere, amare, fare.
Gesù non è come l’uomo di oggi frammentato, scisso in se stesso. L’uomo contemporaneo comprende il bene, ma non lo sceglie; vorrebbe il bene, ma non lo compie; amerebbe il bene, ma non ne fa il senso e la forma della sua vita. Siamo interiormente sgretolati, perennemente combattuti. Rimangono le macerie di una umanità frammentata e sgretolata perché non riusciamo ad andare oltre le mere sensazioni, non sappiamo più scegliere il vero ed il bene, ma ci siamo ripiegati sull’utile che è cangiante e sdrucciolevole.
Questa domenica delle Palme ci mostra la passione multiforme di Cristo, ma anche e ancor di più la Persona di Cristo che è uniforme: essenza, esistenza, intelletto, volontà, amore… tutto ha una forma sola: la forma dell’amore e del dono in cui tenere salda la propria vita.
Ti chiediamo, o Signore, che in questa Settimana Santa, dalle macerie sgretolate della nostra vita frammentata, tu sappia ricostruire la Cattedrale di una umanità ricomposta nell’unità del suo senso, della sua volontà, delle sue azioni e del suo amore. Amen.
dom Tonino +
Qui sotto il video integrale della preghiera

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