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I domenica d'Avvento: "Betlemme è la prima grande catechesi dell’Avvento: Dio entra dove l’uomo lascia spazio, non dove l’uomo si è riempito di sè" Queste alcune tratte dall'omelia dell'Abate Antonio

  • Christiana Fraternitas
  • 30 nov
  • Tempo di lettura: 6 min

Il presepe sarà la traccia tematica della predicazione d'Avvento che si terrà alla Christiana Fraternitas. Il prima tema affrontato riguarda lo scenario: "Betlemme e le sue strade".

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Sabato 29 novembre 2025, presso la Cappella monastica ecumenica "Santi Benedetto e Scolastica", si è inaugurato il tempo d'Avvento alla Christiana Fraternitas con la Celebrazione Capitolare Ecumenica della Parola arricchita - come ormai da tradizione - dal lucernario tratto dalle "Constitutiones Apostolorum".



Testo integrale della I predicazione

del nostro Rev. mo Abate dom Antonio Perrella

"Betlemme e le sue strade2



I Domenica di Avvento: «Betlemme e le sue strade»


Cari Fratelli e Sorelle,

diamo inizio ad un tempo che ci è caro, perché ai più riporta ai ricordi dell’infanzia, ai momenti belli della condivisione famigliare, alle atmosfere nostalgiche di tempi che furono.

Tuttavia, questa è solo la superficie dell’Avvento e del Natale.

Abbiamo urgente bisogno di ritrovare il contenuto teologico e spirituale di questo tempo per non ridurlo ad un’oasi nostalgica di sentimentalismi che passano velocemente e non dicono e danno nulla alla nostra vita concreta.

D’altra parte, non possiamo neppure dimenticare le belle tradizioni che ci sono state tramandate, perché è attraverso di esse che abbiamo fatto esperienza del Natale e delle sue dimensioni più profonde; ad esempio: era l’atmosfera pacifica di casa che ci ha fatto comprendere il messaggio di pace del Natale; era dalla ricerca di un regalino per tutti che abbiamo compreso il senso del Natale come festa di amore verso tutti; era dalla preparazione delle cene e dal clima di festa in casa che abbiamo appreso la gioia della convivialità con Dio che la Nascita del Salvatore instaura per l’uomo.

In questo avvento del 2025 allora vogliamo riappropriarci del senso del Natale recuperando anche una bella tradizione natalizia: il Presepe! Sì, il Presepe non quell’obbrobrio di villaggio natalizio che sta prendendo il sopravvento in quest’epoca di politicamente corretto che equivale sempre di più all’annacquamento culturale, antropologico ed etico! Ma il presepe!

In questo Avvento immaginiamo di dover preparare il nostro Presepe e che, nel farlo, riflettiamo sugli scenari e sui personaggi, su dove e perché collocare una statuina piuttosto che un’altra. Sarà il presepe a raccontarsi aiutandoci così a fare memoria della incarnazione del Verbo ed accendere in noi la speranza della nuova venuta di Gesù Cristo alla fine dei tempi.

La prima domanda che ci poniamo è: dove ambientiamo la scena del presepe?

Esattamente là dove il fatto è avvenuto: a Betlemme di Giudea (Lc 2).

Sostando quindi in una città che, secondo i criteri del mondo, è insignificante; secondo i criteri di Dio, invece, è il punto di convergenza di tutta la storia della salvezza: Betlemme.


1. Betlemme: una periferia scelta dalla Sapienza di Dio

Il profeta Michea pronuncia un oracolo che stupisce:

«E tu, Betlemme di Efrata,

piccola per essere tra i clan di Giuda,

da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore d’Israele» (Mi 5,1).


La teologia biblica coglie immediatamente la logica: Dio sceglie la sproporzione. Non Gerusalemme, la città santa. Non Roma, la città del potere. Ma Betlemme, luogo della marginalità.

Nella rivelazione biblica, questa logica percorre tutta la Storia: Abramo è un nomade; Mosè, un uomo in fuga; Davide, un pastore. Ireneo scriverà che «Dio si abitua all’uomo e l’uomo si abitua a Dio»: e dove accade questa “educazione reciproca”? Non nelle corti dei potenti, ma nelle case piccole, nelle strade polverose, nei luoghi dove non c’è nulla da ostentare ma tutto da ricevere.

Betlemme è la prima grande catechesi dell’Avvento: Dio entra dove l’uomo lascia spazio, non dove l’uomo si è riempito di sé.


2. Le strade della città come figura della storia

Le strade di Betlemme sono teologicamente importanti.

Nella Bibbia la strada è sempre simbolo del rapporto dell’uomo con Dio:

• la strada dell’Esodo: dall’Egitto alla libertà;

• la strada dei profeti: percorsi di annuncio e spesso di persecuzione;

• la strada del ritorno dall’esilio;

• la strada della predicazione di Gesù, che attraversa villaggi, città, campi, case.


L’Incarnazione non avviene in un luogo statico, ma nel movimento, in una città attraversata da strade, da persone, da storie. La fede cristiana è “intrinsecamente itinerante”, perché Dio stesso, nel Figlio, diventa “Via” (Gv 14,6). Le strade di Betlemme sono il preludio della “via” che Cristo sarà per l’umanità.


3. Le strade come teologia dell’ospitalità

Betlemme significa “Casa del Pane”. Il luogo dove nasce il Pane della vita. Ma come si accede a questa casa? Attraverso strade umili.

Queste strade, nella tradizione spirituale, diventano metafora dell’ospitalità. La teologia patristica parla spesso della capax Dei, la capacità dell’uomo di accogliere Dio perché creato a sua immagine. Ma l’uomo per farlo deve liberare le proprie strade interiori.

È il senso delle parole di Isaia: «Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri» (Is 40,3). Non si tratta di un’esperienza superficiale, ma di un lavoro teologico: liberare lo spazio interiore, raddrizzare ciò che è storto, togliere ciò che impedisce il passaggio del Signore.

Non basta invocare Betlemme: occorre diventare Betlemme.

Come scrive il mistico anglicano George Herbert (XVII sec.) nel poema Nativity:

«Ogni cuore divenga una strada piana,

affinché il Re possa entrare senza intralcio.»



4. La teologia della piccolezza: Dio nei margini

La scelta di Betlemme è la conferma che Dio opera nei margini della storia. Questa è una costante: ciò che è piccolo non è un ostacolo per Dio, ma un linguaggio. L’Incarnazione non è solo un evento: è un metodo.

Il Verbo non viene nella grande polis, ma in un piccolo villaggio. Non in un palazzo, ma in una grotta. Non tra i sapienti, ma tra i pastori. Il teologo Hans Urs von Balthasar parla della kenosi come della “forma dell’Amore divino”. L’amore di Dio non discende come un fulmine, ma come un seme. E Betlemme è il campo dove quel seme è deposto.

La poetessa Christina Rossetti lo intuisce nel suo A Christmas Carol:

«Non in un regno magnifico,

né su un trono d’oro,

ma in una notte glaciale

Dio venne tra noi».

Questa è la teologia dell’Avvento: Dio entra nella storia senza rumore, perché vuole essere accolto, non vuole imporsi.


5. Le strade come metafora della nostra interiorità

Esiste una Betlemme geografica… ma esiste soprattutto una Betlemme spirituale. È quel luogo dentro di noi che rimane povero, vulnerabile, potremmo dire: non risolto. Ed è proprio lì che Dio ama nascere.

Origene afferma che «ogni uomo che accoglie Cristo nella sua anima diventa per Lui una Betlemme». Dio non ci chiede di essere perfetti, ma di essere disponibili. Non ci chiede di essere grandi, ma di essere aperti.

Le strade interiori sono spesso tortuose: ferite, memorie, paure, stanchezze. Ma sono proprio queste strade che Dio desidera attraversare…

L’Avvento è dunque una liturgia del risanamento delle strade interiori: quelle che portano al perdono, al silenzio, alla preghiera, alla carità concreta.


6. Betlemme contro le “altre strade” del Natale consumista

Il rischio è evidente: l’Avvento è diventato una stagione commerciale, un tempo di consumo, non di attesa.

Le nostre città sono illuminate… ma non sempre rischiarate.

Sono rumorose… ma non per forza vive.

Sono piene di movimenti frenetici… ma vuote di cammini interiori.


Eppure la liturgia dell’Avvento ci riporta sulle strade sobrie di Betlemme.

Non ci chiede di correre, ma di camminare.

Non ci chiede di comprare, ma di preparare.

Non ci chiede di decorare, ma di lasciare libero il cuore.


Il poeta americano Henry Wadsworth Longfellow, in un suo inno natalizio, scrisse: «In Betlemme, tra i campi quieti, nacque il Silenzio che parla.»

Ecco ciò che manca al nostro Natale: il silenzio che parla, il silenzio che prepara, il silenzio che accoglie.


7. Una teologia della strada che conduce alla Luce

Tutta la Scrittura è un viaggio verso la Luce: l’Esodo, la risurrezione, i discepoli di Emmaus, la missione apostolica. E questo viaggio passa ora per le strade di Betlemme: strade dove Dio si fa Bambino, dove l’Eterno si fa tempo, dove l’Infinito si fa visibile. Betlemme è l’anticamera del Vangelo, la soglia attraverso cui Dio entra nel mondo.

Per questo, l’Avvento non è un semplice “preparare il Natale”, ma accogliere il passaggio di Dio nella nostra storia.


8. Conclusione: Betlemme come vocazione

Betlemme non è solo la città in cui Gesù nasce. È la forma con cui Dio entra nel mondo. E la nostra vocazione è somigliarle.

Fratelli e sorelle, in questa prima settimana di Avvento vi invito a scegliere una strada interiore da raddrizzare:

• una riconciliazione attesa da troppo tempo;

• un tempo silenzioso per la Parola;

• un povero da incontrare davvero;

• un gesto semplice che ridica a noi stessi che il Natale è Incarnazione, non consumo.


Camminiamo verso Betlemme. E permettiamo a Betlemme di camminare dentro di noi. Perché in ogni strada preparata, in ogni passo sincero,

in ogni attesa povera, il Verbo si fa carne! Amen.


Qui sotto il video integrale della predicazione


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UT UNUM SINT




 
 
 

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