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III domenica d'Avvento: "Ecco: una porta era aperta nel cielo...e c'era Uno seduto sul trono" (Ap 4,2). La speranza per una Chiesa che tiene gli occhi fissi sul compimento di Cristo.

  • Christiana Fraternitas
  • 15 dic 2024
  • Tempo di lettura: 8 min

Aggiornamento: 22 dic 2024

"La natura, il mondo e la storia hanno senso solo in relazione a Dio: Lui il creatore di ogni cosa, il Signore del cosmo è anche il senso della natura e del cosmo, il significato dell’uomo e della storia. Senza di Lui ogni cosa è uno spartito senza chiave, un codice senza cifrario; senza di Lui ogni cosa è condannata alla insignificanza". Sono parole tratte dall'omelia dell'Abate dom Antonio Perrella, pronunciate commentando gli occhi dei quatto essere viventi del Libro dell'Apocalisse.

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Sabato 14 dicembre 2024, presso la Cappella "Santi Benedetto e Scolastica", al termine del ritiro di Avvento, si è svolta la Celebrazione Capitolare Ecumenica della Parola arricchita - come ormai da tradizione - dal lucernario tratto dalle "Constitutiones Apostolorum" per la III domenica di Avvento. Ogni settimana d'avvento l'Abate dom Antonio Perrella terrà la predicazione sul Libro dell'Apocalisse. Sarà un testo oggetto di indagine anche delle Lectio che proseguiranno mensilmente durante l'anno.



Testo integrale della III predicazione sul quarto Capitolo

del Libro dell'Apocalisse

del nostro Rev. mo Abate dom Antonio Perrella


«Ecco: una porta era aperta nel cielo... e c'era Uno seduto sul trono» (Ap 4,1):

La speranza per una Chiesa che tiene gli occhi fissi sul compimento di Cristo.

Testi di Riferimento


41 Poi vidi: ecco, una porta era aperta nel cielo. La voce, che prima avevo udito parlarmi come una tromba, diceva: "Sali quassù, ti mostrerò le cose che devono accadere in seguito". 2Subito fui preso dallo Spirito. Ed ecco, c'era un trono nel cielo, e sul trono Uno stava seduto. 3Colui che stava seduto era simile nell'aspetto a diaspro e cornalina. Un arcobaleno simile nell'aspetto a smeraldo avvolgeva il trono. 4Attorno al trono c'erano ventiquattro seggi e sui seggi stavano seduti ventiquattro anziani avvolti in candide vesti con corone d'oro sul capo. 5Dal trono uscivano lampi, voci e tuoni; ardevano davanti al trono sette fiaccole accese, che sono i sette spiriti di Dio. 6Davanti al trono vi era come un mare trasparente simile a cristallo. In mezzo al trono e attorno al trono vi erano quattro esseri viventi, pieni d'occhi davanti e dietro. 7Il primo vivente era simile a un leone; il secondo vivente era simile a un vitello; il terzo vivente aveva l'aspetto come di uomo; il quarto vivente era simile a un'aquila che vola. 8I quattro esseri viventi hanno ciascuno sei ali, intorno e dentro sono costellati di occhi; giorno e notte non cessano di ripetere:


"Santo, santo, santo

il Signore Dio, l'Onnipotente,

Colui che era, che è e che viene!".


9E ogni volta che questi esseri viventi rendono gloria, onore e grazie a Colui che è seduto sul trono e che vive nei secoli dei secoli, 10i ventiquattro anziani si prostrano davanti a Colui che siede sul trono e adorano Colui che vive nei secoli dei secoli e gettano le loro corone davanti al trono, dicendo:


11"Tu sei degno, o Signore e Dio nostro,

di ricevere la gloria, l'onore e la potenza,

perché tu hai creato tutte le cose,

per la tua volontà esistevano e furono create".

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Carissimi Fratelli e Sorelle, cari Amici ed Amiche,


con il capitolo 4, su cui meditiamo questa sera, inizia la parte centrale del libro dell’Apocalisse che si estende fino al capitolo 22. Un corpo centrale ben strutturato ed organicamente costruito.

Possiamo dire che questi ben 19 capitoli sono strutturati attorno a tre settenari: il settenario dei sigilli (6,1-8,1), il settenario delle trombe (8,2-11,19), il settenario delle coppe (12,1-22,5). Ciascuno di questi settenari è anticipato da una visione. La visione, che anticipa il primo dei settenari, quello dei sigilli, è contenuta nei capitoli 4,1-5,14.


Questa sera, quindi, meditiamo sulla prima parte introduttiva.

L’autore dell’Apocalisse, che per semplicità chiameremo Giovanni o l’apostolo o il profeta, ma sappiamo bene che non si tratta della persona in sé di Giovanni, afferma anzitutto di vedere una porta aperta nel cielo e di udire una voce (quella che gli aveva parlato prima, cioè la voce del Risorto) che lo invita a salire nel cielo per ricevere una rivelazione. Accolto l’invito del Risorto, Giovanni dice: mi ritrovai nello Spirito. Usa la stessa espressione usata in Ap 1,10. Ciò che vedrà sarà il trono di Dio. Da questo inizio comprendiamo un fatto importante: per l’Apocalisse la vita spirituale è una vita di relazione personale con la Trinità. Si entra in contatto diretto e – diremmo – quasi fisico, vero, concreto con Dio, il Padre, nello Spirito, attraverso la persona di Gesù. Il credente, l’uomo e la donna di fede non hanno un vago rapporto con un vago Dio, con un’entità superiore, con una forza che tutto pervade. Per essere persone di fede occorre avere una relazione vera, vitale e concreta con Dio Trinità e questa relazione è un’esperienza mistica (nello Spirito) che avviene con la persona del Padre attraverso la relazione vitale con la persona di Gesù. Basterebbe questo semplice incipit per mettere in discussione quello che molti pensano rispetto alla fede ed alla vita di fede, come se essa fosse un vago senso religioso dell’esistenza, senza che alla fine della loro vita cambi nulla. O si ha un rapporto esistenziale concreto con Dio Trinità o semplicemente non si ha una fede ed una vita di fede.


Entrato nel cielo, il profeta vede un trono ed Uno che vi sta seduto. Di lui non conosciamo l’aspetto. Infatti il testo non descrive tanto le fattezze, quanto gli effetti splendenti della sua presenza, attraverso l’immagine della iridescenza dei colori molteplici di diverse pietre preziose. Gesù aveva detto: il Padre nessuno lo ha mai visto (1Gv 4,12). Se può, in qualche modo, essere descritto il Figlio perché ha assunto la natura umana, il Padre rimane nella sua trascendenza ed ineffabilità.


Quel trono è circondato da 24 seggi su cui sono assisi 24 anziani. Anche queste figure simboliche hanno scatenato una molteplicità di interpretazioni. Per alcuni si tratta di angeli, per altri di dodici profeti (o le 12 tribù di Israele) e dodici apostoli. Abbiamo detto che le immagini dell’Apocalisse hanno diversi strati di significazione e che i simboli solo polisemantici. Di per sé potrebbero voler indicare non o una o l’altra cosa ma tutte queste cose. In quanto simboli questi anziani potrebbero rappresentare semplicemente coloro che, accogliendo la volontà di Dio e vivendo nel suo progetto, hanno preso parte della sua stessa gloria divina (le vesti bianche) e della sua stessa signorìa su tutto (le corone in testa). In questo modo la visione simbolica afferma che chiunque metta Dio al centro della sua vita (il trono di Dio sta in mezzo ai 24 seggi) diviene partecipe della vita di Dio, colui che è Signore della storia e del mondo.


La presenza di Dio è efficace: i versetti che descrivono il suo trono usano immagini simboliche di relazione con il mondo. Dal trono escono fulmini, fragori e tuoni: l’immagine è quella Sinai, nella consegna dell’alleanza a Mosé (Es 19,16) e richiama l’Onnipresenza di Dio che si presenta come l’Io Sono, Io sono Colui che è per sempre. Davanti al trono bruciano sette fiaccole, i sette spiriti, cioè la totalità dello Spirito Santo: il Padre agisce nel mondo e nella storia con la potenza del suo Spirito che noi riceviamo in dono, partecipando alla pienezza di Dio, ma che Lui solo possiede in pienezza. Quel trono sta su un mare di cristallo: il mare era il simbolo del male. Gli abissi erano ritenuti nella loro insondabilità il mistero del male. Questo mare è solidificato e non può più esercitare la sua forza spaventosa su nessuno. Il trono di Dio vi sta sopra e lo domina, quasi lo schiaccia e lo incatena.


Sebbene Dio, il Padre, rimanga al di là della capacità umana di vederlo, comprenderlo, conoscerlo fino in fondo, tuttavia egli dispiega la sua potenza su tutto.


I quattro esseri viventi che circondano il trono sono anch’essi figure simboliche. Utilizzati dalla tradizione cristiana come simboli dei quattro evangelisti, essi invece sembrano rappresentare la totalità della creazione. Leone, vitello, aquila, uno simile a un uomo: si tratta evidentemente di figure terrestri. Essi però hanno anche sei ali, cioè si tratta di una realtà naturale che in qualche modo è entrata in contatto, anzi è entrata a far parte del mondo divino.


Questi quattro essere sono coperti di occhi: è interessante che il testo specifichi che questi occhi sono sia fuori (intorno) che dentro. Questo elemento simbolico degli occhi e della loro disposizione ha un significato determinante: la realtà umana o terrestre in generale può comprendere sé stessa (gli occhi dentro) e la realtà che la circonda (gli occhi attorno) solo quando è in contatto con Dio. La natura, il mondo e la storia hanno senso solo in relazione a Dio: Lui il creatore di ogni cosa, il Signore del cosmo è anche il senso della natura e del cosmo, il significato dell’uomo e della storia. Senza di Lui ogni cosa è uno spartito senza chiave, un codice senza cifrario; senza di Lui ogni cosa è condannata alla insignificanza.


Dopo questa descrizione del trono della regalità di Dio, ha inizio una vera liturgia di adorazione. Anche questa costante del libro dell’Apocalisse è interessante: l’esperienza che l’uomo può fare di Dio e gli effetti benefici di questa esperienza sono espressi in termini cultuali: provengono dalla lode e dalla adorazione e portano alla lode e alla adorazione. L’autore del libro ci parla di un contatto diretto con Dio, di una relazione a tu per tu con Lui, ma sempre sottolinea che a Lui vanno tributate la lode e l’adorazione. Tanta è la presenza vicina di Dio, tanta è la sua eccedenza, la sua trascendenza. Si lascia vedere, ascoltare, sperimentare, ma rimane sempre al di là.


Nella teologia classica si usava un tema meraviglioso: quello del linguaggio su Dio. Di Dio si può parlare in termini affermativi, cioè affermare qualcosa di Dio: per esempio, Dio è eterno. Ma di Lui si può parlare anche in termini negativi: Dio non è soggetto al tempo. L’uno e l’altro linguaggio, però, non sono del tutto adeguati perché Dio è sempre al di là del linguaggio umano e della capacità che l’uomo ha di esprimerlo. Questa via per parlare di Dio era definita via dell’eminenza, via della ineffabilità. Dio ineffabile non è assente, non è lontano, non è irraggiungibile, è semplicemente al di là di tutto quello che noi possiamo timidamente dire e descrivere di Lui.


La liturgia di adorazione descritta nel capitolo IV dell’Apocalisse ha però una tematica specifica.


Al v. 8b viene cantata l’onnipotenza di Dio che deriva dalla pienezza della sua santità (tre volte santo). Egli è eterno e permanentemente operante nella storia (era, è e viene).

A questa acclamazione i vegliardi si prostrano e rispondono:


Tu sei degno, o Signore e Dio nostro,

di ricevere la gloria, l'onore e la potenza,

perché tu hai creato tutte le cose,

per la tua volontà esistevano e furono create.


I vegliardi proclamano la gloria di Dio perché è autore, creatore di tutte le cose, perché ogni cosa che esiste è stata da lui voluta e compiuta.

Si tratta cioè di una lode cosmica, di una lode che si innalza dalla natura, dal creato. Sembra quasi che il libro della natura sfogli le sue stesse pagine per far sorgere una lode a colui che l’ha fatta.


E che si tratti proprio di questo lo vedremo nel prossimo capitolo, quando iniziarono ad essere aperti i sette sigilli del libro del cosmo e della storia.

Solo Dio è la chiave di accesso per poter leggere il poderoso, meraviglioso quanto fragile libro della natura. Essa oggi geme sotto i flagelli dello sfruttamento, dell’abuso delle sue risorse, perché l’uomo non ha più la chiave per aprire e comprendere il suo libro. Smarrito il legame con Dio Creatore, l’umanità ha smarrito il legame con la creazione.


Questo legame però può essere recuperato solo in un modo, quello che il profeta vive in questo testo: la contemplazione!

La Chiesa non salverà l’uomo che, distruggendo la natura, distrugge sé stesso, attraverso agende ecologiche o politiche di abbattimento delle emissioni inquinanti. La Chiesa salverà l’uomo dalla sua stessa forza distruttiva, soltanto rieducandolo alla contemplazione, alla contemplazione di Dio e alla contemplazione delle opere create da Dio. Solo lo sguardo che contempla sa arrestarsi dall’uso e dall’abuso, perché è uno sguardo che accoglie e non possiede, che si bea e non sfrutta.

I credenti, adorando il Creatore, amano il creato e lo custodiscono perché in esso rivengono le impronte di Dio, le amorose vestigia del suo passaggio nel mondo che con le sue stesse mani ha plasmato, che per amore ha costruito e che solo con l’amore può essere custodito e riedificato.

dom Antonio Perrella

Abate della Christiana Fraternitas


Qui sotto il video integrale della predicazione








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