In Epiphania Domini: la vigilia celebrata alla Christiana Fraternitas
- Christiana Fraternitas
- 7 gen 2024
- Tempo di lettura: 6 min
"In quel testo di Matteo sono racchiuse le dimensioni fondamentali della vita di chi fa di Gesù il suo Signore ed il centro vero e reale della propria vita: la ricerca di Dio, la scrutatio delle Scritture, il permanere in uno stato di cammino e di pellegrinaggio, il discernimento per non cedere alle lusinghe della tentazione, la fiducia in Dio, l’adorazione di Dio e la capacità di rinunciare alle posizioni raggiunte per cercare la luce più splendente della vita. Tutto questo è racchiuso nella vicenda umana e spirituale dei Magi". Alcune delle parole tratte dall'omelia dell'Abate Antonio.

Giovedì 5 gennaio 2024 alle ore 19:30, presso la Cappella "Santi Benedetto e Scolastica" della Casa Apostolica alla Christiana Fraternitas si è svolta la Celebrazione Capitolare Ecumenica della Parola e la Commemorazione della Cena del Signore "in Epiphania Domini". La preghiera è stata arricchita anche dalla "benedizione" dei gessetti serviti poi per la "benedizione dei magi" fatta alle famiglie nel giorno seguente. La Celebrazione è stata trasmessa in diretta Facebook per raggiungere quanti desideravano condividere con la Famiglia Monastica l'Epifania del Signore.
Testo integrale dell'omelia
del Reverendissimo Abate dom Antonio Perrella
per la Celebrazione "In Epiphania Domini" 2024
Testo di riferimento Mt 2, 1-18

Cari Fratelli e Sorelle, cari Amici ed Amiche,
la solennità dell’Epifania ci è particolarmente cara. Essa, infatti, nei suoi molteplici significati si mostra a noi come il paradigma della vita cristiana, in generale, e della vita monastica, in particolare.
In quel testo di Matteo sono racchiuse le dimensioni fondamentali della vita di chi fa di Gesù il suo Signore ed il centro vero e reale della propria vita: la ricerca di Dio, la scrutatio delle Scritture, il permanere in uno stato di cammino e di pellegrinaggio, il discernimento per non cedere alle lusinghe della tentazione, la fiducia in Dio, l’adorazione di Dio e la capacità di rinunciare alle posizioni raggiunte per cercare la luce più splendente della vita. Tutto questo è racchiuso nella vicenda umana e spirituale dei Magi.
Su questo testo abbiamo meditato molto, tanto da aver pubblicato un libro ormai due anni fa. Cionondimeno, lo Spirito di Dio – che ha ispirato la stesura dei testi sacri e ne ispira la loro interpretazione continua – ci mostra sempre ulteriori strade di approfondimento. Quest’anno ne vorrei condividere due con voi.
1. Gli esegeti più attenti sanno che il testo che noi abbiamo è la fusione di due unità letterarie differenti. Una prima unità era costituita dai versetti 1-2.9b-10, in cui si dava notizia dell’arrivo dei Magi e della loro ricerca – guidati dalla stella – del neonato re dei Giudei. Se, infatti, essi erano guidati dalla stella che avevano visto nel suo sorgere, e se tornano ad essere guidati da essa dopo essere stati da Erode, non si comprende bene perché sarebbero dovuti andare a Gerusalemme, che rimaneva decisamente fuorimano. Probabilmente la prima unità letteraria – e forse una tradizione cristiana più antica – parlava semplicemente dell’arrivo dei Magi a Betlemme dove trovarono il bambino e sua madre.
La seconda unità letteraria (costituita da tutto il resto del racconto nei versetti 3-9a) è un’aggiunta di Matteo e della sua scuola. Lì è descritto l’incontro con Erode, il consulto del consiglio del re, la malevola intenzione di Erode. È in questa cornice narrativa che l’evangelista colloca l’inserzione più importante, ovvero le due citazioni dell’Antico testamento che permettono di individuare il luogo della nascita del Messia. Si tratta di Michea 5,1 e del secondo libro di Samuele 5,2. Le ho definite citazioni. Tuttavia, i testi riportati da Matteo non corrispondono al testo masoretico ebraico né a quello greco della LXX. L’evangelista cambia quei due testi, per cui dovremmo tecnicamente parlare più di allusione che non di citazione. Le differenze redazionali, operate da Matteo, vertono su due direttrici: Gesù è il discendente di Davide, atteso da Israele e verso cui accorreranno tutti i popoli della terra, ed egli è il re non dominatore ma pastore, colui che guiderà e pascerà il popolo. È evidente che, qui, l’evangelista sta anticipando tematiche che torneranno nel capitolo 21 con la pericope dell’ingresso messianico a Gerusalemme.
Questa seconda unità letteraria, aggiunta da Matteo o dalla sua scuola, alla unità letteraria precedente ha una chiara intenzione: attraverso le Scritture, sapientemente interpretate, offrire una chiave di lettura della persona e della missione di Gesù.
E questa è proprio la prima riflessione che vorrei condividere con voi. Per entrare in relazione con Gesù, per conoscere la persona di Gesù non vi è altra strada che quella della lettura, della meditazione, della preghiera sulla Scrittura Santa. Oggi, tante persone pensano di conoscere Gesù perché sanno qualcosa di Lui, perché hanno seguito il catechismo quando erano bambini. Ma quanti – anche battezzati che fanno regolare vita nelle proprie comunità – non aprono mai la Bibbia? Girolamo, il grande studioso e traduttore della Scrittura, diceva: «ignorantia Scripturarum ignorantia Christi est» - «l’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo» (In Isaiam Prol.: PL 24, 17; S. Girolamo, Commento a Isaia (1-4), a cura di R. Maisano, Opere di Girolamo IV/1, Roma 2013, 52-53).
La lectio divina, occupazione quotidiana di ogni cristiano e di un monaco in particolare, è la misura dell’amore a Cristo. Se amo veramente una persona, di quella persona voglio conoscere quanto più possibile: la sua storia, il suo pensiero, le sue motivazioni, le sue parole, le sue azioni. Quanto la gente oggi conosce della vita pubblica e privata di attori, sportivi, politici, uomini e donne dello spettacolo. Addirittura, per questa malsana libidine di conoscere i fatti altrui, è stata creata una trasmissione televisiva in cui delle persone si assoggettano 24 ore su 24 allo sguardo bramoso di una folla indecente che cerca di carpire le loro parole, i loro sussurri, le smorfie del loro viso. Vuoti di conoscenza significativa, ci gettiamo bramosi sul gossip più squalificante.
Quelli che passano ore a guardare questo avvelenamento dell’intelligenza, quante ore della loro vita passano a scrutare le Scritture, a conoscere davvero e personalmente Gesù, Uomo vero, che racchiude in sé il vero significato della vita?
Senza amore concreto e fattivo verso la Parola di Dio non esiste amore vero e concreto per Gesù. Né come battezzati né – e tanto meno – come monaci, possiamo distrarci da questo impegno, che è per noi, per la formazione della nostra anima e personalità interiore, della conoscenza delle Scritture e da questo amore vero per la Scrittura.
2. La seconda riflessione prende le mosse da una particolarità del testo di Matteo. Quando i Magi riferiscono di aver visto la stella nel suo sorgere, usano il verbo greco eìdomen-abbiamo visto (Mt 2,2). È un verbo che già conosciamo e di cui intuiamo subito la portata semantica. Deriva dal verbo orào, da cui le radici oid-, eid- ed op-, da cui nascerà quella forma verbale (òphte) che sarà usata per le manifestazioni del Risorto. È il verbo della conoscenza e del riconoscimento. Vedere equivale ad aver fatto personale conoscenza, personale esperienza da cui nasce la personale adesione e professione di fede alla persona e nella persona di Gesù. Sarà anche il verbo costitutivo del ministero degli apostoli, che dovranno vedere il Risorto ed annunciarlo, evangelizzare con l’annuncio della morte e risurrezione del Signore. È lo stesso verbo che viene usato nel versetto 10, riferito alla stella, ed in quello successivo riferito al bambino e a sua madre. Vedono la stella, vedono il bambino. Passano da una incipiente esperienza di fede, scrutando i segni della venuta del Messia, ad una piena esperienza di fede, vedendo la persona del Messia.
La fede è un cammino di progressiva conoscenza. Dapprima ci si accosta a Gesù attraverso i suoi segni, poi si giunge alla sua persona. Uno dei segni più eloquenti di Gesù è la sua comunità, sono i suoi discepoli, ma non solo singolarmente presi, bensì come comunità. Spesso nella vita delle persone le comunità cristiane sono lo strumento di accesso a Gesù, ma talvolta possono essere anche la porta chiusa in faccia a questa conoscenza. Una comunità cristiana, i cui membri non vivono l’esperienza personale di un amore pieno e coinvolgente di Gesù o in cui non regna l’amore vicendevole tra i fratelli, è una comunità che non permette l’accesso alla persona di Gesù. Una comunità tiepida e intorpidita nella fede non è attrattiva; una comunità in cui i rapporti non sono improntati a sincero amore fraterno è respingente.
Occorre sempre che quanti si gloriano del nome cristiano avvertano questa responsabilità che sta sulle loro spalle. Noi abbiamo il potere di avvicinare a Gesù e di allontanare da Gesù.
Se siamo impegnati in prima persona, come singoli e come comunità, nel nostro progressivo cammino di fede, allora porteremo con noi le persone, come nella carovana dei Magi verso la culla del Salvatore.
In questa Epifania chiediamo al Signore una grazia: manifestati come il Salvatore della mia vita, mostrati come il Signore della mia esistenza, dammi il dono di adorarti con ogni fibra del mio essere, perché quanti vedranno le opere meravigliose che hai compiuto in me, possano sentire il desiderio di cercarti e di trovarti. Amen
dom Tonino
Qui sotto il video dell'intera omelia.

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